giovedì 16 giugno 2011

Moggi e Giaraudo radiati....ma preparano vendetta...



Ora che il verdetto (di primo grado) li estromette per sempre dal mondo del pallone, è come se Luciano Moggi, Antonio Giraudo ed Innocenzo Mazzini si ritrovassero catapultati indietro di cinque anni. Per la Commissione Disciplinare della Federcalcio l'orologio si è fermato al 2006 e sulla base delle «sentenze rese» nell'estate di Calciopoli la proposta di radiazione per l'ex direttore generale della Juve, per l'ex amministratore delegato bianconero e per l'allora vice presidente della Figc - già condannati a cinque anni di squalifica - da ieri si è trasformata in preclusione a vita dall'ordinamento sportivo.



I cinque componenti l'organo giudicante federale sono arrivati a sentenza senza divisioni al loro interno e interrogandosi dietro al quesito chiave alla base del procedimento ad hoc sulla proposta di radiazione: cosa provocherebbe, oggi, un ritorno attivo nel pianeta calcio di Moggi, Giraudo e Mazzini? Così alle difese degli imputati che chiedevano di analizzare i fatti del 2006 alla luce degli elementi emersi in queste cinque lunghe stagioni o che potrebbero emergere dal processo penale in corso a Napoli, le toghe della Federcalcio hanno opposto un netto rifiuto perché, si legge nelle motivazioni, la radiazione o meno doveva essere comminata «sulla base di sentenze rese...». Moggi esce dall'ordinamento sportivo perché «risulta evidente - scrive la Disciplinare - l'intrinseca gravità dei fatti e le aberranti conseguenze a cui ha condotto il modo di concepire la competizione sportiva...Nelle sentenze rese è stata accertata la piena e concreta attitudine del Moggi a falsare la classifica attraverso un'opera di condizionamento della classe arbitrale...».



Secondo il dispositivo della sentenza, le violazioni delle regole «hanno suscitato un rilevante allarme sociale, tanto più a fronte delle implicazioni che il campionato di calcio comporta sul piano dell'ordine pubblico». Per i giudici di primo grado «il fatto che altri soggetti possano aver tenuto, in ipotesi tutt'ora da accertare, condotte analoghe non fa venir meno la gravità di quanto contestato al deferito....Nè possono influire sulla decisione gli elementi istruttori acquisiti nel processo penale pendente a Napoli...(le intercettazioni sull'Inter, ndr)». Moggi esce dal mondo del pallone, ma non indietreggia di un passo. «Me l'aspettavo, adesso mi preparo all'appello e, se occorrerà, a rivolgermi all'Alta Corte del Coni. Qualcuno - così l'ex dg bianconero - ne pagherà le conseguenze: c'è chi non ci vuole nel calcio. Aggiungo che se poi il pallone è quello che stiamo vedendo, è meglio starne più lontano possibile...». L'ex dg della Juve pensa a Napoli e al peso che avrà la sua linea difensiva nel processo penale su Calciopoli. «L'innocenza di Moggi sta nelle altre 170 mila intercettazioni che solo in parte sono state messe agli atti. Tutti le avevano a disposizione, noi ce le siamo andate a cercare...Questa sentenza è rimasta per cinque anni nel limbo: è davvero troppo tempo. In qualsiasi sistema giuridico, per quanto rudimentale, non sarebbe possibile», così Paolo Trofino, uno dei legali di big Luciano a Napoli.



Aberranti sono state giudicate le conseguenze del modo in cui si muoveva anche Giraudo. Per l'ex ad della Juve a niente è servito tenersi alla larga da ogni possibile interferenza con quello che è stato per lungo tempo il suo campo d'azione: la buona condotta è rimasta fuori dal verdetto della Disciplinare e adesso Giraudo dovrà rivedere i suoi piani (l'ex dirigente bianconero ha già fatto sapere che pur di cancellare la macchia di una radiazione passata in giudicato è pronto a rivolgersi alla Corte di Giustizia dell'Ue). A pesare sulla sentenza dell'ex vice presidente della Federcalcio è stato proprio il ruolo, disatteso, di garante che Mazzini avrebbe dovuto tenere occupando una delle poltrone più importanti del sistema. Adesso la palla (avvelenata) finirà alla Corte di Giustizia della Figc per un appello in agenda non oltre quindici giorni. «...l'ordinamento sportivo - precisano i giudici della Disciplinare - non poteva abdicare ai principi di lealtà, correttezza e probità pena la sua irrimediabile caduta di credibilità e financo la sua stessa sopravvivenza...». Dunque, Moggi, Giraudo e Mazzini escono (per ora) di scena.

guglielmo bucchieri