martedì 27 luglio 2010

Addio a Raul Grassilli.


Il Gruppo Controtendenza abbraccia Riccardo (uno dei soci fondatori del nostro gruppo) e gli porge le piu' sentite condoglianze per la perdita del suo celebre papa'.



Addio a Raoul Grassilliil volto nobile della prosa in tv



Era il più giovane di una città che negli anni ´50 andò alla conquista dell´Italia Il grande attore si è spento sabato nella sua Bologna; come lui aveva chiesto, i figli ne hanno dato l´annuncio a esequie avvenutedi Il Signore in Grigio se ne è andato come è vissuto. Con discrezione, classe, coraggio.Raoul Grassilli è morto sabato scorso, la notizia i figli l'hanno data solo ieri, quando lui già riposava alla Certosa. A ottobre avrebbe compiuto 86 anni. È stato un grande attore, un divo - ma allora non si diceva così - della televisione in bianco e nero, che sfumava verso il grigio senza ingrigire. I suoi occhi bellissimi spiccavano anche lì, insieme a una voce straordinaria, a un viso buono che però riuscì anche ad essere perfido.Raoul Grassilli fu Fouché, il ministro di polizia di Napoleone, l´uomo delle mille trame ne «I Grandi Camaleonti», sceneggiato Rai di Edmo Fenoglio. Era il 1964, le famiglie si accalcavano per le puntate, la domenica sera, con una Valentina Cortese vestitissima e sensualissima e Giancarlo Sbragia laido Napoleone. Bolognese Fouché, bolognese l´autore dei «Grandi Camaleonti», Federico Zardi, uno dei pilastri di una Bologna che non si può dimenticare. Teatro, tv, giornali, cinema: Zardi, Sandro Bolchi, Giorgio Vecchietti e suo fratello Massimo Dursi, Enzo Biagi e scusate se qualcun manca.Grassilli era più giovane, ultimo di una città che 50-60 anni fa andò alla conquista d´Italia e che forse merita un ricordo collettivo, non stradine o rotatorie nelle nuove periferie come è successo ad Henghel Gualdi e al suo clarinetto jazz.Si era formato alla Accademia Nazionale d´arte drammatica di Roma. Fu un bravo attore di teatro che diventò famoso con la televisione. Quando la Rai raccontava agli italiani storia e letteratura. Fu Carlo Cattaneo ne «Le cinque giornate di Milano», Silvio Pellico ne «Le mie prigioni». Cominciò nel ‘55 con «La scuola delle mogli» di Molière. Fu ne «Il mulino del Po» da Bacchelli, «Il caso Mauritius» di Wassermann (e raccontò di «un vero e proprio sbandamento» per Virna Lisi), «Bel Ami» da Maupassant, «Quinta colonna» da Agatha Christie, «La fine dell´avventura» da Green, «Demetrio Pianelli» di Emilio De Marchi, «Delitto di Stato» da Maria Bellonci, in «Don Minzoni». Una biblioteca popolare, Grassilli ne era il maestro colto, come nel film di Luigi Comenincini «Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano». Anche lì, fra i colori, lui era vestito in nero.Il coraggio l´aveva mostrato nella vita e sulla scena. Ritirandosi quando modi, mode, costumi e scostumatezze non gli si appropriavano più. A Bologna diresse la casa di riposo per artisti «Lyda Borelli», in Italia fece il regista di opere liriche. La Dc lo candidò per bandiera «esterna» negli anni ‘70, fu amico senza abbracci di sindaci comunisti e di Giorgio Guazzaloca. Educazione antica, si direbbe. Con scatti artistici, lui che aveva recitato con Giorgio Strehler e Gino Cervi, Ruggero Ruggeri, Tino Buazzelli e Alida Valli, da New York a Londra. Per i suoi 80 anni gli fecero festa, al Teatro Duse, Lucio Dalla e Lindo Ferretti, Leonardo Giardina e Jimmy Villotti.Il ricordo più dolce è quello di Riccardo, suo figlio, sul sito dei tifosi del Bologna. «Il giorno dello spareggio-scudetto del 1964 con l´Inter stava lavorando per la RAI a Roma ne I Grandi Camaleonti. Terminate le prove, corse all´Olimpico per vedere la partita, ma non ebbe il tempo di cambiarsi e così la vide con costume di scena di Fouché. Il biglietto di quella partita, il suo biglietto, è nella photogallery del mio sito».



(da repubblica on-line)