Una giornata come quella di ieri, un godimento, un’estasi, una felicità come quella di ieri me la ricorderò finchè campo.
Una giornata che ci ha visti protagonisti, come città, come tifoseria e come persone. Ecchissenefrega se i prezzolati delle televisioni glisseranno su tutte queste cose, troppo impegnati a parlare della foca con la paresi brasiliana. Chissenefrega, sono cose nostre, è il nostro orgoglio è un fatto privato di una città, e mi va bene che sia così. Della gloria mediatica m’interessa il giusto, consapevole della sua vacuità, mi consolo sapendo che Noi sapremo raccontarla e che ci sarà qualcuno disposto ad ascoltare.
Una giornata iniziata con il risveglio brusco di una chiamata alle 9 e 40 di Elia: “Dove sei? Siamo qua che t’aspettiamo?” Il tempo di rendermi conto che 3 ore prima mi ero addormentato con il telefono in mano nel vano tentativo di puntare la sveglia e in 5 minuti in condizioni vagamente confuse sono in macchina che cerco di raggiungere gli altri.
Alla fine arrivo in bocciofila alle 10 e ci sono tutti: il russo, con due bottiglie della spesa piena di birra, mark da Firenze e il suo amico d’Arezzo (non riesco mai a ricordarmi il suo nome) con un’espressione quasi più a pezzi della mia, Elia, Tommy, Ugo, Cesare, Alpha, un posato Marylin Mattiols e Luca con bambino al seguito (che poi non ho capito una cosa: ma era figlio tuo?, ma quanti figli hai?). Mancava solo l’inglese, in Spagna per lavoro, e credo che si starà ancora mangiando le mani.
Siamo in pullman con i Freak, pullman che tarda ad arrivare perché l’autista s’è perso da qualche parte fra Casalecchio e Bologna. “Partiamo” bene, mentre partono i pullman dei club, gli Ultras invece decidono di aspettarci. Alle 11 con un’ora di ritardo spunta l’autista e inizia un simpatico siparietto con un ragazzo degli ultras.
Il viaggio procede bene: decido di bloccare il mal di testa che sta montando nella busta delle birre del russo e in un bicchierino di vodka per rischiarare l’ugola e non so se questo ha un legame con il fatto che inizio ad innamorarmi dei capannoni industriali. Elia decide d’imitare i freak nella loro specialità ed ecco che un capannone risponde ad un mio richiamo e ci giuriamo eterno amore.
Dopo Parma rimaniamo bloccati nel traffico. Un modenese in una slk cabrio con la maglia di kakà fa un bagno d’umiltè e decide di chiudere la capote, mentre i blu mossi a pietà decidono di scortarci lungo la corsia d’emergenza e ci fanno saltare la coda.
Arrivo a Milano: gestione che lascia molto a desiderare del traffico e rimaniamo imbottigliati nelle code dei tifosi locali, oltre a qualche sfottò non succede nulla. Non è il luogo e non è il caso.
Passiamo i 3 blandi controlli all’ingresso (e quindi le pezze passano) e inizia la corsa lungo le rampe, infinite, che portano al terzo anello.
Siamo dentro. Il grosso del pubblico c’è già. Con qualche difficoltà riusciamo a prendere posto in balaustra poco di fianco agli ultras. Mi tocca quasi litigare con una coppia d’umarell che volevano star seduti dietro le pezze, poi dopo la frase “ok, io non ti voglio far spostare ma chi è qua canta per 90 minti di seguito” la moglie decide di trascinarselo via.
Si parte e si capisce da subito che non c’è paragone con i milanisti. Abbiamo una carica che metà basterebbe, una fotta, una voglia di essere protagonisti, di far capire a tutti che siamo tornati, che fa vibrare il nostro settore. Siamo in 4000 mila, siamo 4000 mila voci che urlano di gioia. E di rabbia. E vaffanculo a tutto lo stadio. E vaffanculo a Galliani. E a quel pirla di tuo figlio. E secondo me questa carica arriva la giù, 50 metri più in basso dove i nostri combattano a viso aperto e lottano consapevoli che non bisogna essere comparse alla festa del padrone.
Io vengo letteralmente rapito, la partita non la vedo e non la capisco, oggi mi sono dato un altro compito e appollaiato la su, girato verso il nostro settore, beh, sto da dio, in totale estasi.
Partono dei cori spettacolari, l’armata rimbomba nel catino di san siro e sul 2 a 1 per noi quasi non ci credo e casco per terra nel delirio generale.
Finisce la partita e mi trameno la gambe. È adrenalina che mi scuote il corpo. È la voglia di abbracciare gli altri ragazzi. E’ che abbiamo vinto a San Siro contro il milan, mentre 4 mesi fa perdevamo in casa del Grosseto per 3 a 0.
E siete al cinema. E vaffanculo a tutto lo stadio. E salutate la capolista!!!
gianluca